Denominazioni DOP e IGP, qual è la differenza?

Definizione, storia, elenco dei prodotti tipici certificati

DOP e IGP sono due sigle che, se associate ad un prodotto enogastronomico, ne indicano l’alta qualità. Questi due marchi (insieme ai prodotti così certificati) sono protetti a livello comunitario, ovvero indicano tutti quei prodotti tipici ufficialmente riconosciuti e tutelati dall’Unione Europea, che ha stabilito i criteri di selezione, i regolamenti da seguire e le rigide regole produttive stabilite nel disciplinare di produzione per ottenere e mantenere il marchio DOP e IGP. Tutti i produttori che lavorano un prodotto che ha ottenuto uno dei due riconoscimenti vengono regolarmente sottoposti a verifiche dall’organismo di controllo del Ministero delle politiche agricole alimentari, che ha il dovere di vigilare la produzione e garantire ai consumatori che ogni prodotto tutelato rispetti i requisiti imposti dal regolamento europeo.
L’Ue ha dunque definito questi marchi secondo criteri che tengono in considerazione il territorio e un insieme di fattori sia naturali (clima e caratteristiche ambientali) che umani (tecniche di produzione).

L’acronimo IGP indica l’Indicazione Geografica Protetta, mentre DOP significa Denominazione di Origine Protetta: entrambi sono sigilli di garanzia per il consumatore, perché certificano per un determinato prodotto:

  • il legame con il territorio in cui si produce, secondo una tradizione secolare;
  • alcune specifiche caratteristiche qualitative, stabilite dal regolamento;
  • il rispetto della ricetta tradizionale.

 

Leggi, regolamenti e direttive dell’UE su DOP e IGP

Nello specifico, l’Unione Europea ha deciso di premiare la tradizione produttiva dell’Italia, in particolar modo quella relativa ai salumi: con il regolamento n. 2081 del 1992 l’UE ha varato la prima legislazione per la protezione dei prodotti agricoli e alimentari a indicazione geografica (DOP, IGP e STG, Specialità tradizionale garantita). Parlando di dati: nell’ambito dei prodotti di salumeria tutelati le specialità italiane rappresentano quasi il 50% del patrimonio dei prodotti tipici europei; dal 1992 l’Italia è leader per numero di prodotti riconosciuti

L’importanza dei marchi DOP e IGP sta nella loro doppia valenza, che è sia economica che culturale.
Un prodotto controllato tutela l’interesse pubblico e rappresenta un punto di forza estremamente competitivo sul mercato nazionale e internazionale. Non esiste, insomma, un’impresa unica e privata che detiene le certificazioni DOP e IGP, ma un insieme di imprese che seguono un regolamento e sono soggette a precisi controlli.

 

Gli effetti sul commercio delle indicazioni geografiche

Un gruppo di studiosi dell’Università di Milano ha dimostrato, nell’ambito del progetto Strength2Food, che i prodotti a indicazione geografica (DOP e IGP) fanno da “traino” per le esportazioni di prodotti alimentari della stessa tipologia, anche se non protetti dal marchio di qualità.

 

L’evoluzione dei salumi, meno grassi e sempre più salutari

Il consumatore italiano sta cambiando le sue abitudini di acquisto e consumo: i dati parlano chiaro, secondo l’indagine dell’osservatorio sui consumi Consumers’ Forum, curata da Giampaolo Fabris e IPSOS, i consumatori di oggi sono più attenti all’origine e alla qualità dei prodotti.
La nuova generazione “vorrebbe etichette con più informazioni utili”. Nella fase di acquisto il consumatore dà più peso al territorio di origine e alla difesa dell'ambiente: il 75,6% dice no agli OGM e preferisce i prodotti che non danneggiano o che sovraccaricano in modo innaturale il territorio, mentre è in forte aumento il consumo di prodotti biologici. Spendere meno e spendere meglio, dunque. In piena consapevolezza delle scelte di spesa.

È anche grazie alle nuove esigenze del consumatore se oggi i salumi sono consigliati nelle diete e non si può dire a priori che facciano ingrassare: attualmente i produttori hanno assecondato la richiesta di salumi con un basso contenuto calorico, mentre in passato la richiesta era quella di un salume ricco di grasso, che desse energia. La quantità di grasso totale nei salumi oggi è diminuita e ha lasciato spazio agli acidi grassi insaturi di migliore qualità e con un più basso livello di colesterolo, unita ad una significativa presenza di proteine nobili (ovvero indispensabili per l’organismo), ferro, zinco e magnesio. Le vitamine presenti nei salumi sono appartenenti al gruppo B (come la B1, la B12 e la B2), utili per il sistema nervoso e per la rigenerazione dei tessuti.

Molti dei salumi italiani si producono ancora oggi con sistemi e modalità che rivelano radici antichissime. I produttori di salumi italiani non hanno mai tradito le origini, nonostante lo sviluppo continuo e l’innovazione delle tecniche di conservazione. Altro dato importante: i salumi italiani sono diversi da regione e regione, e ognuna di queste ha mantenuto in vita i metodi di produzione tipici della tradizione locale. Alcuni importanti esempi arrivano dai prosciutti crudi di Parma e di San Daniele e dalla mortadella di Bologna, che ha ottenuto il marchio IGP nel 1998. Va ricordato che l’Italia è attualmente il paese europeo con il più alto numero di prodotti DOP e IGP in tutta l’Europa.

 

L’importanza dei salumi italiani nella storia

Quella della lavorazione dei salumi italiani è un’antica arte che ha segnato la storia e lo sviluppo dell’intero Paese. Tutelarla è un obbligo e un piacere: in pochi sanno che in Italia tra il XII e il XVII secolo i mestieri legati alla trasformazione e alla lavorazione delle carni – in particolar modo quella del maiale – hanno conosciuto un importantissimo sviluppo, tale da contribuire alla nascita di vere e proprie confraternite e corporazioni di lavoratori dei salumi. A Bologna, per esempio, era famosa la Corporazione dei Salaroli (soppressa da Napoleone del 1797) che contava ben 281 “botteghe dei salaroli di Bologna” e riuniva tutti quegli uomini che lavoravano la carne di maiale con il sale, utile per la conservazione del salume

La compagnia dei facchini di San Giovanni, a Firenze, si occupava anche di arte e mecenatismo, mentre i più famosi erano “i norcini”: si pensi che alla Confraternita norcina dedicata ai santi Benedetto e Scolastica aderirono l’Università dei pizzicaroli norcini e casciani e quella dei medici empirici norcini. Come vedete, i salumi erano una cosa davvero molto, molto seria.

Nonostante l’abbandono progressivo delle attività di lavorazione stagionale del salume (allora non c’erano adeguate tecniche di conservazione della carne, dunque il maiale veniva ucciso una sola volta all’anno, rigorosamente in inverno) culminato verso la fine della II Guerra Mondiale, col tempo l’eredità dei norcini e dei maestri della salumeria ha riacquisito importanza, contribuendo allo sviluppo dell’intera filiera produttiva, a partire dall’allevamento dei maiali – più selezionati, meno grassi – fino alla lavorazione, alla conservazione e alla vendita del prodotto a base di carne di maiale. I salumi oggi sono uno splendido esempio di ritorno sapiente e intelligente alle origini: il sapore è lo stesso di sempre ed è fedele alla tradizione, ma la lavorazione è più controllata che mai.

Un esempio: i maiali usati per la realizzazione dei salumi Santoro crescono allo stato semibrado in Puglia, liberi tra i campi e i boschi della Valle d’Itria, tra Cisternino, Locorotondo e Martina Franca. La loro alimentazione a base di prodotti tipici della macchia mediterranea (orzo, crusca, favino e ghiande di Fragno, quercia rara tipica del posto), rende il prodotto finale (il capocollo di Martina Franca in particolar modo) unico al mondo.

Tutto questo – insieme all’unicità del prodotto e della lavorazione, che deve essere perfettamente in linea con le esigenze locali, le condizioni climatiche e le tradizioni del territorio – contribuisce alla nascita di un’eccellenza gastronomica italiana e svela come ottenere la certificazione DOP o IGP.

 

Qual è il significato di DOP?

Come già detto, DOP e IGP sono sigle che stabiliscono l’alta qualità di un prodotto gastronomico sulla base di alcuni criteri specifici. Ma quali sono questi criteri? E che differenza c’è tra DOP e IGP?

  • La sigla DOP sta per Denominazione di Origine Protetta, è un marchio di origine che può essere ottenuto solo da quei produttori che rispettano standard e normative stabilite dall’Unione Europea. Come si legge nell’articolo 2 del Regolamento relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d'origine dei prodotti agricoli e alimentari, “Si intende per «denominazione d'origine», il nome di una regione, di un luogo determinato o, in casi eccezionali, di un paese che serve a designare un prodotto agricolo o alimentare originario di tale regione, di tale luogo determinato o di tale paese, la cui qualità o le cui caratteristiche sono dovute essenzialmente o esclusivamente ad un particolare ambiente geografico, inclusi i fattori naturali e umani, e la cui produzione, trasformazione e elaborazione avvengono nella zona geografica delimitata.

 

  • I criteri di selezione di un prodotto DOP tengono conto dei seguenti requisiti:
  1. area geografica: le caratteristiche qualitative dei prodotti e dei salumi DOP devono dipendere esclusivamente dal territorio in cui vengono prodotti
  2. fattori naturali fattori umani: contano sia il clima che l’artigianalità, ovvero le tecniche di produzione tramandate nel tempo.

L’insieme di questi due requisiti permette la realizzazione di un prodotto inimitabile, che non potrebbe essere riprodotto altrove se non con le stesse modalità e con le identiche condizioni climatiche. Il marchio DOP è dunque una certificazione che designa un prodotto originario di una regione o di un paese con determinate peculiarità ambientali e umane. La produzione, la trasformazione e l’elaborazione di un prodotto DOP devono avvenire in un’area geografica delimitata e devono regolarmente essere sottoposti a controlli: le regole sono stabilite nel cosiddetto disciplinare di produzione.

Il marchio DOP si distingue visivamente dall’IGP grazie ai colori del bollino: il primo è di colore giallo-rosso, mentre il secondo è giallo-blu.

 

La lista dei salumi italiani con marchio DOP

  • Prosciutto di Parma
  • Prosciutto di San Daniele
  • Prosciutto di Modena
  • Prosciutto Veneto Berico-Euganeo
  • Prosciutto di Carpegna
  • Prosciutto Toscano
  • Culatello di Zibello
  • Salamini Italiani alla cacciatora
  • Salame Brianza
  • Salame di Varzi
  • Salame Piacentino
  • Pancetta Piacentina
  • Jambon de Bosses (Val d’Aosta)
  • Lard d’Arnad (Val d’Aosta)
  • Soppressata di Calabria
  • Capocollo di Calabria
  • Salsiccia di Calabria
  • Pancetta di Calabria

Cosa significa IGP?

La sigla IGP significa Indicazione Geografica Protetta e serve a indicare un prodotto originario di una regione o di un paese le cui caratteristiche si possono ricondurre alle tipicità di una precisa area geografica e di cui almeno una fase della produzione, trasformazione o elaborazione avvenga in un’area geografica delimitata.

Si differenzia dal marchio DOP per essere maggiormente aperta e permissiva sull’origine della materia prima, con una produzione meno limitata. I controlli e le regole per ottenere il marchio IGP, tuttavia, restano ugualmente rigidi. Nell’articolo 2 del Regolamento relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d'origine dei prodotti agricoli e alimentari si legge: “Si intende per «indicazione geografica», il nome di una regione o di un luogo determinato di un paese che serve a designare un prodotto agricolo o alimentare del quale una determinata qualità, la reputazione o altre caratteristiche possono essere attribuite a una precisa origine geografica e la cui produzione e/o trasformazione e/o elaborazione avvengono nella zona geografica delimitata."

Per essere chiari sulla differenza tra DOP e IGP:

Ogni fase di lavorazione (fin dalla scelta della materia prima) dei prodotti DOP deve svolgersi necessariamente ed esclusivamente nel territorio dichiarato; mentre per il marchio IGP il territorio conta solo in fase di produzione, trasformazione ed elaborazione, con meno limiti circa l’origine della materia prima.

La lista dei salumi IGP in italia

  • Mortadella di Bologna
  • Speck dell’Alto Adige
  • Bresaola della Valtellina
  • Zampone di Modena
  • Cotechino di Modena
  • Prosciutto di Norcia

I motivi per sostenere la tutela dei marchi DOP e IGP nel mondo

La sigla DOP non vale solo in Italia, ma estende la tutela del marchio nazionale DOC, che significa Denominazione di Origine Controllata, a tutto il territorio europeo e al resto del mondo. Esistono tanti modi per dire DOP, ma la richiesta è solo una: qualità!
Attualmente il marchio DOP contribuisce ad un’importante crescita dell’export di prodotti di alta qualità del Made in Italy. Stando ai dati della “Fondazione Qualivita”, ente per la protezione e la valorizzazione dei prodotti agroalimentari di qualità, i 5 big italiani con marchio DOP e IGP, che sono Parmigiano Reggiano, Aceto Balsamico di Modena, Pomodoro San Marzano, Pecorino Romano e Mozzarella di Bufala Campana, costituiscono oltre il 95% dell’export in Canada di prodotti italiani, mentre la stragrande maggioranza delle DOP e IGP tende ancora a posizionarsi su un mercato solamente nazionale.

 

Perché i salumi italiani hanno successo?

La cura di ogni singola fase di produzione, a partire dalla scelta dei suini e dal loro allevamento, spesso naturale e non industriale, ha permesso ai salumi italiani di acquisire lo status di eccellenza gastronomica esclusiva, unica al mondo. Per prima cosa, i produttori italiani usano solo suini pesanti, a differenza del resto del mondo dove il maiale utilizzato è di taglia più piccola.

Ma che differenza c’è tra suino adulto (pesante) e suino piccolo? Nella lavorazione della carne per salumi il peso del suino conta anzitutto da un punto di vista nutrizionale, considerando anche che il sapore risulta più corposo e gradevole. Il suino usato per realizzare i salumi di Santoro, per esempio, cresce per almeno 12 mesi allo stato semi-brado e ha un peso minimo di 180 kg.

I salumi italiani sono inoltre sinonimo di altissima qualità: 9 italiani su 10 li ritengono sicuri e salutari, il 59,7% li mangia almeno una volta a settimana e solo il 4% ha dichiarato di non mangiarli mai. Il dato più interessante è quello del consumo di salumi da parte dei millennials (18-34 anni): la generazione più giovane che fa shopping di qualità e che conosce i siti dove acquistare salumi online rientra nella categoria dei consumatori abituali di salumi di maiale.

Tags: salumi, confronto, produzione artigianale